Domandare è lecito, rispondere è cortesia recita un famoso proverbio che mal si presta in ambito privacy.
Il nuovo regolamento per la gestione e il trattamento dei dati personali definisce il perimetro di diritti e doveri, lasciando poco spazio al bon ton.
Quando il soggetto interessato richiede, spesso il responsabile del trattamento è tenuto non solamente a rispondere, bensì a soddisfare la richiesta (quando questa ovviamente è prevista all’interno del GDPR).
Tra i vari diritti di cui gode il soggetto interessato, quello di accesso ai propri dati personali è uno dei principali, e soprattutto nel mondo del lavoro è diventato particolarmente rilevante.
Il diritto di accesso: quando il dipendente lo chiede al datore di lavoro
Il diritto del dipendente di conoscere i propri dati personali raccolti va di pari passo con l'obbligo del titolare di fornire tali informazioni entro i termini previsti dal GDPR.
Recentemente, in Italia, un datore di lavoro è stato condannato da parte del Garante a una sanzione da 40.000 € per non aver risposto alle richieste di accesso ai propri dati personali da parte dei dipendenti.
Come riporta nel proprio blog Guido Scorza, componente del collegio del Garante, il dipendente aveva chiesto al datore l’accesso a tutti i propri dati dal momento di assunzione, comprese note di qualifica e valutazione sull’attività svolta.
L’azienda anziché rispondere ha chiesto di incontrare fisicamente il dipendente come già successo in precedenza.
In questo caso però, il dipendente in questione ha presentato formale istanza con una raccomandata A/R tramite due legali, che avrebbero dovuto ricevere la risposta e l’accesso ai dati.
Condizionale d’obbligo perché né l’incontro fisico, né l’accesso ai dati si sono spostati dal terreno teorico a quello pratico, spingendo il Garante a sanzionare l’azienda attraverso una multa resa ancora più aspra dalla recidività.
Il commento dell’esperto in merito all’accesso ai dati dei dipendenti
Nel video presente sul proprio sito e condiviso su Youtube, Guido Scorza interviene in questo modo:
"Il diritto di accesso è una delle più importanti espressioni di diritto sul controllo dei propri dati personali e nel contesto lavorativo, caratterizzato da un inevitabile squilibrio a favore del datore di lavoro, questo diritto diventa centrale.
Solamente attraverso questo diritto il dipendente può effettivamente verificare che il datore raccolga i dati in maniera completa, corretta, aggiornata e in linea con le disposizioni del regolamento.
Il GDPR stabilisce che il titolare debba agevolare l’esercizio dei diritti dell’interessato e rispondere alle richieste entro un mese fornendo riscontro per iscritto e altri mezzi tecnologici. La risposta può avvenire anche solo oralmente, ma solo nei casi in cui l’interessato lo richieda".